Secondo Max-Neef, una complessa rete di interconnessioni economiche, finanziarie, tecnologiche, culturali e politiche concorre a perpetuare disuguaglianze di potere tra nazioni industrializzate e paesi in via di sviluppo, ostacolando la capacità di questi ultimi di plasmare in modo indipendente i propri percorsi economici e sociali. Allo stesso modo, all’interno di quei paesi, interessi politici ed economici centralizzati possono esercitare un dominio sulle realtà locali e regionali. Delegare a pochi l’autorità decisionale porta a un’autonomia limitata e alla subordinazione, appunto, degli interessi locali e regionali. Questo può comportare disuguaglianze nella distribuzione delle risorse, nelle priorità di sviluppo e nella rappresentanza politica. Max-Neef promuove invece l’idea di uno sviluppo autonomo, una proposta che ritengo ancora oggi meritevole di discussione, non solo all’interno dei paesi in via di sviluppo.
Nel contesto dello sviluppo autonomo sono le persone ad assumere un ruolo guida all’interno di varie sfere e contesti. L’autonomia, però, non implica né l’isolamento, né il rifiuto dell’interconnessione tra nazioni, regioni, comunità locali o culture, ma promuove relazioni orizzontali che evitano dinamiche autoritarie e favoriscono la partecipazione nel processo decisionale, la creatività sociale, l’autodeterminazione politica, un’equa distribuzione della ricchezza e l’accettazione di identità diverse.
Nello Sviluppo a Scala Umana l’autonomia implica diverse forme di articolazione.
Articolazione tra esseri umani, natura e tecnologia: la prospettiva antropocentrica antepone le esigenze umane all’ambiente naturale. I modelli di sviluppo prevalenti sono focalizzati sulla crescita economica, quantificata da parametri come il PIL. Lo sfruttamento delle risorse e i progressi tecnologici aumentano il PIL anche quando hanno impatti ecologici dannosi. Lo SSU, invece, è attento alle relazioni ecologiche e alla salvaguardia delle risorse naturali. Questo implica, da un lato, la creazione di indicatori capaci di distinguere fra esiti positivi e negativi e, dall’altro, l’individuazione e applicazione di tecnologie adattabili a un processo di sviluppo che si possa definire eco-umanista.
Articolazione tra il personale e il sociale: i modelli politici prevalenti non riescono a conciliare lo sviluppo personale e quello sociale, che sono invece interconnessi e inseparabili e devono essere considerati prioritari nell’ambito di politiche complessive. L’autonomia, nello SSU, mira a potenziare lo sviluppo personale e sociale a vari livelli: individuale, locale, regionale e nazionale.
Articolazione tra micro e macro: le relazioni di dipendenza si sviluppano, di norma, dal livello macro a quello micro (ad esempio dallo Stato alle comunità locali). L’autonomia, al contrario, ha effetti sinergici quando si sviluppa dal basso verso l’alto; l’autonomia locale stimola quella regionale e nazionale. I processi che favoriscono l’autonomia, come intesa nello SSU, dovrebbero essere democratici, poco burocratici e integrare crescita personale e sviluppo sociale.
Articolazione tra pianificazione e autonomia: bilanciare il supporto esterno e le iniziative interne è cruciale per l’autonomia politica ed economica. La pianificazione globale dovrebbe potenziare l’autonomia locale ed emancipare i gruppi e le comunità locali. Una pianificazione comprensiva può trasformare le strategie di sopravvivenza in opzioni di vita sostenibili.
Articolazione tra Stato e società civile: l’autonomia richiede cambiamenti strutturali nella relazione tra lo Stato e la società civile. È necessario il coinvolgimento sociale per consolidare l’autonomia e affrontare i conflitti, incrementando la partecipazione sociale e armonizzandola in un tutto organico. Lo Stato, quindi, dovrebbe aprire spazi per la partecipazione dei diversi attori sociali al fine di bilanciare logiche centrate sul potere e evitare relazioni di dipendenza eccessive.
Il concetto di autonomia sfida l’aspettativa di comportamenti uniformi tra i diversi attori sociali e l’uso strumentale delle persone per l’accumulazione di capitale, favorendo invece una logica economica alternativa che privilegia il benessere e la diversità. L’autonomia richiede di passare dai semplici indicatori numerici allo sviluppo e all’empowerment degli individui, promuovendo la partecipazione, l’autonomia personale e una distribuzione equa delle risorse. Lo SSU mira ad emancipare le persone e le comunità affinché prendano in mano il proprio sviluppo, promuovendo la sostenibilità e l’ottenimento di risultati significativi. L’autonomia mira a promuovere l’autostima, a ridurre la dipendenza economica consentendo nel contempo i necessari scambi e commerci, e a un soddisfacimento più completo dei bisogni umani. L’autonomia, infine, vuole favorire una positiva interdipendenza, la preservazione delle culture e la comprensione delle tecnologie, contribuendo alla resilienza, all’identità culturale e allo sviluppo olistico.
Ora, l’autonomia, come intesa nello SSU, è solo un sogno o è un obiettivo raggiungibile? È desiderabile o no? Qualcosa di simile esiste da qualche parte? L’autonomia e la globalizzazione, per come quest’ultima è stata attuata, non sembrano andare molto d’accordo. L’autonomia, però, non esclude, ad esempio, il commercio internazionale e lo scambio. Che aspetto avrebbe una globalizzazione rispettosa dell’autonomia?
